[–] 1 punti inviato 8 anni fa da CHIARA_

Quello che si fatica sempre a capire sono i disagi di questi lavoratori. Mi spiego meglio, abbiamo capito che stavano in una legittima assemblea ma nn abbiamo capito quali disagi cercavano di risolvere e quali problemi stavano discutendo. Indubbiamente è stato scatenato un processo che porterà a ridimensionare diritti anche dei dipendenti pubblici , ma diciamo pure che i dipendenti stessi e soprattutto le sigle sindacali che li guidano fanno ormai errori di comunicazione enormi. Ho fatto recentemente un'uscita a Roma da turista, cn bus e panino al seguito e mi sono resa conto di quanta poca considerazione e di quanti pochi servizi vengano degnati i turisti. Una via crucis in una città cn file di 50 persone x il bagno pubblico a Fontana di Trevi e centinaia di metri da percorrere x trovare un cestino in cui buttare un fazzoletto di carta. Nn parliamo della metropolitana. Mi metto pure nelle condizioni di un turista che sta realizzando cn tanti sacrifici il sogno di vedere Roma e magari si trova davanti al Colosseo chiuso cn un aereo che parte dopo poche ore o con un tour organizzato che implacabile lo trasporta altrove o addirittura in altre città dove hanno prenotato x il pranzo o la cena. Io nn credo che Roma e l'Italia in generale possano permettersi ancora x molto il lusso di essere inospitali e sgarbate. Un pizzico di buon senso nn guasterebbe. Evitare un'assemblea nel fine settimana potrebbe aiutare a livello organizzativo e di comunicazione...ad esempio.

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[–] 1 punti inviato 8 anni fa da rEVOLution

i disagi che stavano discutendo in assemblea li trovi qui

Succede che nel polo archeologico più importante l’Italia gli straordinari non vengano pagati da un anno. Succede che i lavoratori del polo archeologico più importante d’Italia decidano di indire un’assemblea sindacale per discutere di questo e di altre non irrilevanti questioni, e lo comunichino l’11 settembre alla Soprintendenza. Succede che la Soprintendenza decida di non coprire i turni dei lavoratori in assemblea come è sempre stato fatto, non comunicando né ai turisti né alla cittadinanza alcunché. Succede che il giorno dell’assemblea sindacale, una settimana dopo la convocazione della stessa, i due principali quotidiani online lancino la notizia in contemporanea - facendo passare l’idea che si tratti di uno sciopero a sorpresa e non di un’assemblea comunicata e autorizzata dalla dirigenza1.

Succede, a questo punto, che il Governo invece di cacciare il Soprintendente responsabile del caos appena suscitato - nominato dallo stesso Governo pochi mesi prima - decida di lanciare una pesante campagna contro i sindacati e i lavoratori, accusati dal Primo Ministro in persona di essere “contro l’Italia” - nonostante non abbiano alcuna responsabilità nell'inefficienza della propria dirigenza.

Succede, infine, che la giornata di gogna mediatica e politica si concluda con l’approvazione in Consiglio dei Ministri di un decreto legge d’urgenza con cui i musei diventano al pari degli ospedali e delle forze armate “servizi pubblici essenziali”, ponendo la possibilità di indire assemblee e scioperi sotto l’autorità dell’apposito garante.

Quello che colpisce di questa giornata di passione - oltre la virulenza degli attacchi ai sindacati da parte del Governo e del Pd (2) - è l’assoluto consenso con cui si sono mossi giornali e politici. Nessun giornalista - tanto meno dell’illuminata Repubblica - ha pensato di ricostruire la vicenda in modo corretto3. Nell’individuare nei sindacati il nemico giornali, politici e commentatori sono stati unanimi - e incredibilmente coordinati.

Lungi da noi pensare che quel decreto legge fosse pronto da mesi e che la scelta del Sovraintendente (che risponde direttamente al ministro Franceschini) fosse in qualche modo mirata a risolvere una vertenza cogliendo l’occasione per delegittimare i sindacati a livello nazionale. Lungi da noi.

Quello che rimane di questa giornata non è neanche un decreto legge che verrà quasi sicuramente dichiarato incostituzionale (”è urgente perché ci sono i turisti” ha detto il ministro competente)4. Quello che rimane di questa giornata è la dimostrazione di come le classi dirigenti di questo paese - politiche, economiche, giornalistiche - abbiano individuato il nuovo nemico nazionale nei sindacati, le ultime grandi organizzazioni popolari della nostra società. L’hanno deciso non per il prurito autoritario che le ha sempre contraddistinte di fronte alle manifestazioni di contropoteri democratici nella società. L’hanno deciso perché meglio di altri si sono rese conto che gli annunci roboanti di ripresa economica si scontrano con la vita concreta di ogni giorno di decine di milioni di italiani.

E allora bisogna trovare un nemico, per evitare di diventare loro stessi il nemico. E se la Lega la butta sui profughi, le classi dirigenti (e i loro serv.. pardon, referenti politici) non possono certo buttarla su chi è veramente responsabile della situazione del nostro paese - cioè su loro stesse. Ed ecco allora trovato il nemico perfetto: il sindacato, indebolito e diviso ma che si ostina a rappresentare quella parte del nostro paese che ogni giorno si sveglia la mattina e porta avanti la baracca, senza i privilegi di chi comanda e dei loro lacchè.

Purtroppo per loro, questa strategia è destinata a fallire. Non per la reazione del sindacato - ripiegato su se stesso ed in fase confusionale - quanto perché la gente non è così idiota come loro pensano. I lavoratori vivono sulla propria pelle cosa sia la crisi economica: la vivono nella difficoltà di trovare un lavoro , la vivono nel trovare lavori con salari da fame e diritti azzerati, la vivono nel vedere i privilegiati che prosperano nelle propria corruzione e nella propria arroganza.

Nonostante le apparenze, il loro sistema - questa strana democrazia autoritaria in cui ci stanno cacciando - non ha più consenso nella società. E se nel vuoto di consenso si celano i tenebrosi fantasmi dell’autoritarismo e del fascismo, è altrettanto vero che in esso si annidano enormi possibilità per chi voglia ricostruire una democrazia in cui il potere sia esercitato dal popolo e per conto del popolo.

Aggiornamento. Su La Stampa è comparso un articolo a firma Ugo Magri in cui si ipotizza (con uno di quei finti retroscena che puzzano lontano un chilometro di comunicato stampa) che il decreto fosse pronto da parecchie settimane (per il giornalista sin dallo “sciopero” di Pompei - si trattò anche in quel caso di un’assemblea autorizzata da una Soprintendenza di nomina governativa). Non solo: il ministro Franceschini sarebbe stato informato da giorni sulla situazione e ne avrebbe perfino informato il presidente Mattarella (che quindi avrebbe preventivamente approvato la reazione “forte” del Governo). Il giornale di Marchionne saluta questo atteggiamento come un segno positivo del “decisionismo” del Governo.

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  1. Ad un certo punto si sono persino messi a dire che all’estero non potrebbe mai succedere che un museo nazionale o un monumento chiuda per sciopero: cosa che non sta né in cielo né in terra.

  2. Il punto più alto l’ha raggiunto la già candidata alla presidenza della Regione Sardegna (poi ritiratasi per le spese fuori controllo effettuate da consigliere regionale) e ora Sottosegretaria ai Beni Culturali Francesca Barracciu, che ha definito l’assemblea sindacale “un reato”. La sinistra del Pd (sia renziana che non) ha detto qualcosa, ma senza esagerare. Per esempio il presidente Orfini riconosce (bontà sua) che ai lavoratori bisogna dargli gli straordinari avanzati, però di contro loro non devono ricorrere a queste “forme di lotta” così spregiudicate come un’assemblea sindacale autorizzata dalla dirigenza con una settimana di anticipo.

  3. Anzi, per gradire oggi La Repubblica ospita un commento del giornalista Francesco Merlo che definisce “autentica diserzione” (usando un inquietante ma significativo linguaggio militare) l’assemblea dei lavoratori e “odiosa reazione corporativa” la richiesta di avere finalmente pagati un anno di straordinari già effettuati.

  4. E’ giusto anche sottolineare come i diritti di organizzazione dei lavoratori siano in questi mesi sotto attacco in parecchi paesi europei: in Inghilterra, Finlandia, Ucraina e perfino in Germania.


p.s.: fine settimana ? ma se oggi 19 è sabato , il 18 era venerdi (assemblea di 3 ORE non 3 gg) ma qund'è che si considera fine della settimana ?

che i dipendenti pubblici non ci piacciono perchè privileggiati, raccomandati ecc è un'ipotesi ma al solito non farei di tutta l'era un fascio

l'unico errore che c'è stato sulla comunicazione è il cartello con scritto l'orario <<from 8.30 a.m. to 11 p.m.>>che - tra l'altro - non è inglese ma latino ...........

Poi se vogliamo auspicare l'abolizione del diritto di sciopero perchè 'sti poveretti di turisti non possono vedere il colosseo ...

A pensarci bene una soluzione facile facile c'è - Trasferire i leoni dal bioparco e rimetterli dentro al colosseo visto mai che che si mangiano 'sti schifosi di lavoratori impuniti!

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[–] 1 punti inviato 8 anni fa da CHIARA_

Ma guarda io x avere il diritto di sciopero abolirei anche il turismo a Roma, figurati!:)

Al di là che di lunedì sarebbe stato sicuramente meno affollato che di venerdì, qui nessuno ha recriminato contro uno sciopero anche perchè nemmeno lo è stato. X questo ti dico che più del principio è sbagliata la comunicazione e oggi nn ti puoi più permettere ORRORI mediatici. Io insisto, pure queste assemblee che cadono in chiusura di settimana come fossero un espediente x accorciarla, a livello mediatico arrivano male. In un momento in cui solo avere un lavoro è un privilegio e un lavoro tutelato è un'utopia, la percezione è importante. Poi se è così fondamentale x i diritti dei lavoratori riunirsi di venerdì e di sabato ce ne faremo una ragione. Alla maggior parte di noi cambia molto poco, loro invece risulterebbero forse più credibili e meno paraculi. Per quanto riguarda tutta la dietrologia, sono perfettamente in linea. Stavano aspettando solo l'occasione giusta x lanciare il decreto. Loro la comunicazione la conoscono...a differenza dei sindacati che ultimamente rimangono sempre al palo.

dagli al sindacalista

"Sappiamo bene quanto il sindacato sia da riformare – lo sanno gli imprenditori o i dirigenti degli enti pubblici, ma soprattutto lo sanno i precari, i sottoccupati e i disoccupati, cioè tutti quelli di cui il sindacato non si interessa. Sappiamo bene quanto siano antipatici gli scioperi del servizio pubblico, ad esempio nel settore dei trasporti. Sappiamo bene come a questo Paese non resti altro da vendere che le sue antiche rovine, e non sta bene far aspettare chi paga per vederle. Sappiamo bene come i dipendenti pubblici godano di tutele superiori a quelle dei dipendenti privati – situazione questa confermata dal Jobs Act, peraltro".

"Sì, perché è evidente quanto il sindacato sia in crisi, in parte per gravi responsabilità proprie. Nella generazione successiva alla mia è quasi incomprensibile l’idea che gli interessi dei lavoratori possano essere rappresentati collettivamente. A un ventenne di oggi la parola sindacato suona, come dire, antica. Non ci sarebbe bisogno di maramaldeggiare, insomma, ma Matteo Renzi è un po’ fatto così, gli piace vincere facile, magari colpendo per primi i più deboli: il sindacato, prima di Confindustria. I dipendenti privati, prima di quelli pubblici. All’interno del pubblico impiego, i lavoratori del settore culturale, prima che di altri settori più ricchi. I subordinati, prima dei dirigenti, e così via. Dal giorno della “staffetta”, questo modus operandi era del resto già chiarissimo, ED E' SOLO nel confronto coi suoi DEPRIMENTI OPPOSITORI DI SINISTRA che Renzi poteva – e può ancora, di tanto in tanto – apparire vincente.

Ovviamente la retorica renziana non colpisce mai direttamente i lavoratori – sindacalizzati o meno – che partecipano materialmente allo sciopero, ma soltanto i sindacalisti, una minoranza che terrebbe da decenni in scacco un’intera nazione attraverso il proprio potere di mediazione. Nel teatro della parola della politica renziana, si nega l’esistenza del “vecchio” conflitto capitale-lavoro, ma persino si nega qualunque non corrispondenza di interessi diversi. L’interesse è uno solo, quello nazionale. I conflitti, in questa visione, esisterebbero soltanto perché una minoranza di mediatori professionali – i sindacalisti – ne trarrebbe un vantaggio parassitario".

"Eppure è proprio attorno ai conflitti tra le varie categorie produttive che Renzi ha conquistato i maggiori consensi: le partite IVA contro i dipendenti, i dipendenti privati contro quelli pubblici, i precari contro i tutelati. Da tempo sono convinto che non andremo lontano senza che prima si sia concepita una sorta di «conferenza di pace» tra questi mondi, e ingenuamente avevo pensato che il giovane Matteo potesse esserne l’iniziatore".

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[–] 1 punti inviato 8 anni fa da rEVOLution

L’affaire Colosseo I veri nemici della cultura si nascondono dietro quel decreto Perché si ritiene inaccettabile che un monumento chiuda a causa di un’assemblea sindacale (regolare e regolarmente annunciata) e si trova normale che la stessa cosa accada per una cena privata di milionari (si rammenti il caso di Ponte Vecchio, chiuso dall’allora sindaco Renzi per un’intera notte), o per una manifestazione commerciale (la sala di lettura della Nazionale di Firenze chiuse per una sfilata di moda nel gennaio 2014)? I diritti del mercato ci appaiono evidentemente più importanti dei diritti dei lavoratori.

Ma in Europa non è così. L’anno scorso la Tour Eiffel chiuse per ben tre giorni, e la National Gallery di Londra è aperta a singhiozzo da mesi per una dura lotta sindacale: nessuno ha gridato che la Francia o l’Inghilterra sono ostaggio dei sindacati.

Il ministro Dario Franceschini ha detto che mentre i lavoratori erano in assemblea egli era impegnato al ministero dell’Economia proprio per riuscire a sbloccare il pagamento dei loro straordinari.

E uno si chiede: ma l’Italia è ostaggio di coloro che, guadagnando circa 1000 euro al mese, chiedono di non aspettare mesi o anni per la retribuzione degli straordinari (che permettono le aperture domenicali e notturne), o è ostaggio della burocrazia che ha fatto sì che Franceschini non sia riuscito a risolvere il problema in un anno e mezzo di governo?

E perché il decreto d’urgenza adottato venerdì non ha riguardato il pagamento dei lavoratori, ma invece il regime degli scioperi?

Un noto documento programmatico della banca d’affari americana JP Morgan (giugno 2013) additava tra i problemi «dei sistemi politici della periferia meridionale dell’Europa» il fatto che «le Costituzioni mostrano una forte influenza delle idee socialiste »: bisognava dunque rimuovere, tra l’altro, le «tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori » e «la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo». Ebbene, crediamo davvero che sia questa la linea capace di far ripartire il Paese?

Non c’è alcun dubbio sul fatto che anche i sindacati abbiano le loro responsabilità nel pessimo funzionamento del ministero per i Beni culturali. Ma è davvero caricaturale dire che in Italia il diritto alla cultura sia negato per colpa dei sindacati.

Le biblioteche e gli archivi sono in punto di morte a causa della mancanza di fondi ordinari e di personale, d’estate i grandi musei chiudono perché non c’è l’aria condizionata, nel centro di Napoli duecento chiese storiche sono chiuse dal 1980, due giorni fa è caduto per incuria il tetto della mirabile chiesa di San Francesco a Pisa, dov’era sepolto il Conte Ugolino... E si potrebbe continuare per pagine e pagine.

Questo immane sfascio non è colpa dei sindacati: ma dei governi degli ultimi trent’anni, nessuno escluso (neanche il presente, che ha appena tagliato di un terzo il personale del Mibact, già alla canna del gas).

Se davvero vogliamo che la cultura (e non solo il turismo più blockbuster) diventi un servizio essenziale, come vorrebbe la Costituzione, allora non c’è che una strada: investire, in termini di capitali finanziari e umani. Quando gli italiani potranno davvero entrare nelle loro chiese, nei loro musei e nelle loro biblioteche (magari gratuitamente, o pagando secondo il reddito), e quando chi ci lavora avrà una retribuzione equa e puntuale, allora avremo costruito un servizio pubblico essenziale. Un traguardo che pare molto lontano, impantanati come siamo in questo maledetto storytelling, che invece di cambiare la realtà, preferisce manipolare l’immaginario collettivo.

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[–] 1 punti inviato 8 anni fa da teo44

ciao chiara.per fortuna sono abituato alle città del nord europa,nulla è meglio dell'italia per cibo monumenti e sopratutto umanità.ma quanto al resto razionalmente non riesco a capire perchè i turisti vengano qui,fra disservizi e truffe in ristoranti e bar. ma aldilà di questo,avrei voluto la stessa reazione verso gli scioperi dei mezzi pubblici.ah vero....studenti e dipendenti pagano l'abbonamento e i soldi li incassano prima.un paese mentalmente allo sbando e senza via d'uscita ps ho imparato a usare rispondi

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[–] 1 punti inviato 8 anni fa da CHIARA_

Il Ps mi ha fatto morire :lol

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[–] 1 punti inviato 8 anni fa da teo44

ah non so è il paladino della sinistra che si è incazzato

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[–] 1 punti inviato 8 anni fa da rEVOLution

Roma non è una città come le altre. È un grande museo, un salotto da attraversare in punta di piedi. -Alberto Sordi-

(ogni riferimento all'attualita' odierna e polemiche annesse non è puramente casuale )

ma fa più scandalo il disagio per un'assemblea sindacale - programmata ed autorizzata - che il continuo calpestamento dei diritti dei lavoratori ?

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