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Buona Resistenza a tutti. ( mindIT! )

(2|1) inviato 10 anni fa da Etrusca a home

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[–] 0 punti inviato 10 anni fa da vietvinc

ma non per tutti

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[–] 1 punti inviato 10 anni fa da Perekkiofono

Buona Resistenza a te!

Dai racconti di chi c'era, deve proprio essere stato un giorno fantastico questo.

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[–] 1 punti inviato 10 anni fa da rEVOLution

Cos’è il 25 aprile? Cos’è il 25 aprile dell’anno 2014? Cosa fu il 25 aprile del 1945? Fu il punto fermo dopo 20 mesi, dopo 585 giorni di Resistenza, di fatiche, di pericoli, di strazi e di gioie altissimi. Le donne e gli uomini della Resistenza sapevano ridere e piangere, vivere per resistere e resistere per vivere. Vogliamo pensare a cosa ha significato? Resistere per vivere: sembrano due concetti che fan la lotta l’uno con l’altro. Il vivere mi fa venire alla mente un fluire continuo, a volte denso, a volte rarefatto, un procedere alla meta nel quale si coglie per via quello che la sorte riserva, il bello o il cattivo tempo, gli accidenti o le grazie del cammino. Ma il Resistere è un’altra cosa: vuol dire andare contro, vuol dire contrastare, combattere, ribellarsi, riuscire a farcela. La parola Resistere disegna nei miei occhi una bocca in salive, la chiostra di denti che stride come un gesso sulla lavagna, le labbra contratte, il muscolo del cuore fatto duro dallo spasimo. Eppure ce l’hanno fatta. Dico i partigiani, i resistenti: donne e uomini fatti di carne resistente, carne buona per faticare, per camminare, per saltare, per sparare, ma anche, certo, per piangere e per gioire. Dentro la Resistenza, dunque, dentro un tempo fatto di privazioni e di travagli, dentro un tempo scomodo, rigido e arduo, la gente della Resistenza ha saputo vivere.

Il 25 aprile è allora il simbolo della vita di chi ha saputo esistere in un tempo estremo. Il 25 aprile è la data dopo la quale quella bocca digrignata, tenuta stretta dai ferri della sofferenza, ha potuto aprirsi in un sorriso certo e duraturo, serbato per mesi, sognato e desiderato come si sognava e si desiderava una pagnotta fresca o un letto caldo. Ma questa data è anche il punto sommo a cui sono appese tutte le storie del resistere, storie infinite impossibili da dire, ma che proprio tutte assieme fanno la vena potente del ricordo. Vanno ascoltate. I partigiani in vita sono sempre di meno, ma quelli che ci sono resistono ancora e dobbiamo prestare loro orecchio. Nel 2010, Anita Malavasi, nome di battaglia Laila, staffetta partigiana di Reggio Emilia, raccontava su un celebre rotocalco la sua resistente giovinezza, la sua vita straordinaria e tremenda di donna combattente: «quando, con le armi addosso, passavo al posto di blocco in bicicletta mi mettevo la gonna stretta e fingevo di abbassarmela, loro, fessacchiotti, fischiavano e io passavo».

Ma raccontava anche di torture orrende. «Nella mia formazione avevo una ragazza, Francesca, che era incinta, ma era lo stesso così magra che scappò dalla prigione passando tra le sbarre della finestrina del bagno. Per raggiungerci camminò scalza nella neve per 10 km. Quando il bambino nacque lo allattò solo da un seno perché il capezzolo dell’altro le era stato strappato a morsi da un fascista».

E che dire di quei bambini buttati in terra e calpestati dagli scarponi? o di quei neonati lanciati in cielo, quando il cielo è celeste e stupendo -, e usati come bersagli per raccapriccianti tiri al piattello?

Abbiamo capito? Solo ascoltando questi racconti si può comprendere la Resistenza; solo così il verbo resistere assume intera la monumentale potenza che gli compete. Ascoltare e imparare. Anita Malavasi concludeva dicendo: «sarebbe bello se, per legge, ognuno fosse obbligato ad ascoltarne uno». Si riferiva ai partigiani: ascoltarne uno, uno di loro, uno dei loro racconti. Racconti così incredibili che, parafrasando quanto lo scrittore Walter Siti dice a proposito del Realismo, «colgono impreparata la realtà, o ci colgono impreparati di fronte alla realtà».

Per seguitare a rendere un buon servizio alla memoria non basta dire che la memoria è importante, è doverosa, è imprescindibile. Prescrivere il ricordo come si fa di un medicinale non serve a niente se quel ricordo non è sostanziato dalla carne di parole dense e stupefacenti; esso infatti è tanto più potente quanto meglio sa ritrovare le parti più proibite della realtà. E per trovarle, a volte, occorre immaginare, occorre cercare ciò che abbiamo dimenticato, o non abbiamo mai saputo. Bisogna anche supplire con la fantasia ai guasti della memoria, certo una fantasia manzonianamente della verosimiglianza. E sono tanti gli episodi che si potrebbero mettere dentro agli occhi: tremende battaglie, rumori di mitragliatrici, tumultuosi fracassi apocalittici entro cui vennero inghiottite le speranze giovani di chi per parafrasare Fenoglio avrebbe voluto fare l’amore e invece gli toccò di fare la guerra e di resistere per vivere. CON LE PAROLE DI FENOGLIO E, ancora oggi, occorre resistere per ricorda0re. «Guai a far naufragare la Resistenza nelle parole encomiastiche. Basterà dire, che un tempo lontano, c’erano dei giovani. E poi iniziare a raccontarla da quel punto. La Storia» (Nello Quartieri, di Villafranca Lunigiana). La Storia fatta di tante storie relative ma così importanti da diventare somme; perché scrisse ancora Beppe Fenoglio «partigiano, come poeta, è parola assoluta», non ammette le gradazioni, non sente le scalfitture, non teme i distinguo, né quelli doverosi portati dalla ricerca storica, né quelli arbitrari e degenerati avanzati dai revisionismi.

Così, infine, mi piace ricordare queste parole di Alberto Asor Rosa:

«dietro il milite delle Brigate nere più onesto, più in buonafede, più idealista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere di tortura, le deportazioni e l’Olocausto;

dietro il partigiano più ignaro, più ladro, più spietato, c’era la lotta per una società pacifica e democratica, ragionevolmente giusta, se non proprio giusta in senso assoluto, ché di queste non ce ne sono».

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[–] 0 punti inviato 10 anni fa da vietvinc

quale resistenza....quella elettrica....ahahahahah

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[–] 1 punti inviato 10 anni fa da Perekkiofono

matte risate, da sbellicarsi proprio

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[–] 1 punti inviato 10 anni fa da CHIARA_

Come volevasi dimostrare.

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